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QUESTIONE
DI STILE

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na distesa di fiori gialli in un campo è uno spettacolo che non può lasciarmi indifferente, colpisce l'occhio e trasmette alla mente segnali di armonia, sovrastando ogni altro pensiero, regalando attimi di rilassata meditazione.

Ho sempre apprezzato la fortuna di poter lavorare all'aperto, a contatto con lo spettacolo sempre nuovo che la natura offre a chi lo voglia recepire: in un angolo sperduto di mondo, come tra i posti più consueti della vita di ogni giorno l'arte dei suoi paesaggi è presente, con il colore vivo dei suoi fiori in primavera, piuttosto che con candidi fiocchi di neve d'inverno, un'arte in continua evoluzione che sa anche togliere il fiato, ed è bello che, dopo gli ormai tanti anni che calco queste scene, riesca ancora a lasciarmi travolgere da tali sensazioni.

L'occhio è la porta della stanza delle emozioni, ma non si può descrivere la reazione che la vista di una stessa cosa provoca in individui diversi: come può, ad esempio, un essere dotato di sensibilità considerare anche il più bello dei tappi come un semplice oggetto senza significato?
Nella mia personale concezione di collezionista ho sempre attribuito una diversa valenza ad ogni singolo pezzo, secondo uno schema mentale tutto mio.

I tappi di birra rappresentano un po' l'aristocrazia, prodotti di un settore raffinato ed in continua evoluzione come quello birrario, che è anche in qualche modo l'immagine di una nazione, ed essi ne divengono così i rappresentanti, come i pezzi pregiati di una nazionale di calcio, stelle da Champions League che tutti gli appassionati conoscono. Ma forse questo è proprio il loro limite: sono i pezzi più diffusi di una collezione e difficilmente rappresentano una rarità, a meno che non siano vecchi.
Le microbirrerie che iniziano a proliferare negli ultimi anni danno finalmente nuova linfa a questo settore, anche se, almeno in Italia, sono poche quelle che affidano ad un tappo a corona l'immagine dell'azienda, sottovalutando a mio avviso il potere del collezionismo.

Ecco che così i tappi di bibite, spesso conosciuti solo in ambito locale, acquistano per la loro scarsa diffusione un valore di cui sicuramente le ditte produttrici sono all'oscuro, e sono tutti da scoprire, come gli anonimi calciatori di una squadra di provincia, spesso migliori di acclamati campioni.
Purtroppo da molti anni i piccoli produttori sono costretti a soccombere schiacciati dalle grandi multinazionali con i loro prodotti meno genuini ma “firmati”, e solo pochi, i più coraggiosi riescono a continuare l'attività, ma un'infinità di meravigliosi tappi di gassose, chinotti o altre bevande sopravvivono a testimoniare la gloriosa storia di piccole ditte dimenticate.

Diverso è il discorso per i tappi del vino: per anni hanno rappresentato i prodotti più economici e quindi più diffusi della produzione di una cantina, e quasi sempre, nella loro diversità, avevano un aspetto tipico che li distingueva a prima vista da quelli di altre bevande, a volte anche nel formato più grande se sigillavano bottiglioni da 1.5 litri.
Ma alcuni scandali alimentari e l'evoluzione tecnica del settore hanno privilegiato i vini di qualità con tappi in sughero e confinato le coronate chiusure nel dimenticatoio, spesso nell'ignominia, preferendo loro tappi a vite o addirittura confezionando il vino economico (ormai di qualità modestissima) in brick di cartone.
Anche qui qualche ditta usa ancora tappi a corona, ma spesso, vergognandosene, ne nega l'utilizzo.

Nell'ambito dei succhi di frutta, per fortuna, le cose vanno meglio, ed i produttori italiani valorizzano spesso il tappo a corona dandogli nuova linfa attraverso le serie più disparate che compaiono stampate su di essi. Attraverso gli anni si sono succeduti tappi monotematici che hanno fatto la gioia di noi appassionati, dalle prime bandiere con la sigla della nazione, alle sedi olimpiche, fino ai recentissimi esemplari delle Winx o Power Rangers, per finire con l'attuale serie sulle monete dell'Euro, e mettendo insieme tutti i pezzi sfornati nel tempo si arriva ad un numero totale davvero importante. Credo che principalmente la produzione sia rivolta ai bambini, anche se sono convinto che la parte più consistente delle vendite sia da attribuire ai collezionisti, disposti a trangugiare ettolitri di un liquido spesso non gradito pur di completare la serie. Naturalmente, anche se con una diversa soddisfazione, qualche aggancio nelle crown factories può evitare il sacrificio….

Spero che non prendano piede anche da noi, come già per esempio in Giappone, le serie raffigurate sui tappi di plastica, che credo non potranno mai raggiungere i livelli qualitativi dei nostri oggetti di culto.

La sempre maggiore diffusione delle bottiglie in PET ha ridotto sempre più anche il numero di tappi utilizzati per le acque minerali, che avevano sempre fornito un gran numero di esemplari di ottima qualità agli appassionati e usavano rinnovare spesso la produzione. Da quando cominciai a recarmi dai produttori per chieder loro qualche pezzo per la collezione ho sempre avuto un buon feeling con le ditte di acque: ricordo con piacere un centinaio di tappi che costituivano la sua piccola collezione regalatami dal titolare della ditta che imbottiglia le acque di una sorgente in Trentino Alto Adige.

Un posto privilegiato nelle mie preferenze è riservato ai tappi promozionali delle crown factories, anche se non destinati allo scopo naturale per cui furono inventati, ma usati spesso come veicolo di espressione artistica pregevole a supporto di un'immagine di qualità della produzione dell'azienda.

Il tappo corona non è più, sfortunatamente, il sigillo più usato per bottiglie di ogni genere, il suo utilizzo da parte delle aziende è sempre più limitato, e suscita qualche rimpianto il pensiero che in tempi piuttosto lontani sigillava bottiglie di liquori, medicinali, aceto e altri generi che oggi sembra assurdo abbinare ad esso; così non rimane che tornare a contemplare i vecchi campioni che si posseggono, e coltivare la timida speranza che comunque ci sia sempre un posto per i nostri adorati “coperchietti” sulle bottiglie di non importa che…

Lorenzo


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